L’assenzadielementigraficiconvenzionali,inun

packaging quasi del tutto privo di colori e orna-

menti, fu assolutamente rivoluzionaria. Lo spa-

zio bianco prometteva contenuti tanto speciali

da doversi distaccare da qualsiasi altro disco

pubblicato fino a quel momento. Questo spiega

la copertina bianca e “vuota”, a garanzia di

uno status carismatico. Probabilmente, anche se

John, Paul, George e Ringo avessero riempito il

disco con una raccolta di bollettini dei naviganti

anziché di brani pop, il risultato non sarebbe

stato tanto diverso: l’album sarebbe comunque

diventato uno dei più venduti di tutti i tempi.

D’altro canto, per essere giusti, se il disco non

fosse stato realizzato da una band popolare come

i Beatles probabilmente il pubblico dell’epoca

lo avrebbe considerato un po’ troppo rivolu-

zionario.

Oltre a rappresentare una tela concettuale, nella

nostra cultura il bianco riveste anche altri ruoli.

Tutti noi sappiamo che cosa simboleggia un

abito bianco, e i medici certo non indossano

un camice bianco solo per mostrare meglio le

macchie (e la biancheria intima). Il bianco sim-

boleggia la purezza e la pulizia. Lo indossiamo

per mostrare che siamo sofisticati e civilizzati,

per segnalare che siamo andati oltre i primitivi

verdi e i marroni della natura ed abbiamo rag-

giunto un livello di ascetismo intellettuale che

forse non pratichiamo del tutto nella vita di ogni

giorno, ma che comunque accompagna il nostro

pensiero.

Abbiamo iniziato a scegliere il bianco anche

perché oggi ne abbiamo la possibilità: sarebbe

stato impensabile decorare le nostre case con

tappeti, mobili e accessori bianchi prima che il

riscaldamento centralizzato sostituisse la fulig-

gine dei camini e che gli aspirapolvere rimpiaz-

zassero le scope, prima di avere lavabiancheria e

stanze da bagno con acqua calda corrente, super-

fici lavabili e mezzi di trasporto chiusi.

Il bianco è il colore del nostro mondo tecno-

logico. Curiosamente, è proprio il colore che

negli anni ‘50 del secolo scorso si immaginava

avrebbe assunto l’attuale era della tecnologia.

Non solo i Beatles hanno contribuito a rivoluzio-

nare il nostro senso estetico con l’uso del bianco.

Stanley Kubrick, con il suo pluricitato film 2001:

Odissea nello spazio (sempre nel 1968) si avvalse

di materiali da arredamento allora innovativi per

ricreare un mondo futuristico quasi completa-

mente intessuto di bianco.

Quando Dieter Rams e i suoi accoliti rivoluzio-

narono la tecnologia degli elettrodomestici alla

fine degli anni ’50 e all’inizio degli anni ’60,

i loro progetti erano intrisi di bianco. L’SK4, il

primo impianto stereo di enorme successo pro-

gettato da Ram con la collaborazione di Hans

Gugelot, fu perfino soprannominato “la bara di

Biancaneve”. Più tardi, nel 1984, il bianco segnò

un’altra svolta: il designer Hartmut Esslinger

cambiò il look di un PC per un’azienda chia-

mata Apple, illuminandone e ammorbidendone

le forme ingombranti e usando il bianco crema

al posto del beige. Il PC fu soprannominato

“Biancaneve” e ne furono venduti 50 000 esem-

plari solo il primo giorno: un’altra leggenda del

design aveva visto la luce. Nel 2000 il team di

progettazione Apple, sotto la guida di Jonathan

Ive, concepì un iMac di un bianco traslucido

chiamandolo, come avrete indovinato, “Neve”.

L’anno successivo fu la volta di un iBook con lo

stesso nome, presentato insieme a un piccolo let-

tore audio bianco che divenne subito un oggetto

del desiderio – l’iPod.

Solo per confronto, mentre il Doppio Bianco dei

Beatles vendette 19 milioni di copie soltanto

negli Stati Uniti****, tra il 2001 e il 2007 la

Apple ha venduto quasi 140 milioni di iPod in

tutto il mondo*****. Non c’è bisogno di riba-

dire che si tratta del lettore audio digitale più

venduto di tutti i tempi, e per quanto non tutti

gli iPod siano bianchi, la vera icona è rappresen-

tata proprio dalla versione in questo colore. Tra

l’altro il nome deriva dalle bianche navicelle

EVA pods che facevano parte della dotazione di

bordo dell’astronave Discovery One in 2001:

Odissea nello spazio.

Il bianco della iGeneration non è un bianco

pieno, ma traslucido, un bianco che sta inizian-

do a conquistare altre superfici, dai rivestimenti

per edilizia, alle automobili, ai componenti

interni. Questa tonalità di bianco possiede qual-

cosa dell’effimera qualità della neve; un colore

che non è un colore, eppure è tutti i colori insie-

me, solo uno scherzo della luce che si rifrange

attraverso piani trasparenti. Continua ad affasci-

narci ed abbagliarci con la sua promessa di

immacolata purezza, che ci porta in alto e oltre

la mortalità del colore. Non è una coincidenza

che l’iPod bianco sia assurto a simbolo dello spi-

rito dei nostri tempi. È interessante notare come

il prodotto sia cambiato nel tempo per forma e

colore, mentre le cuffie bianche siano rimaste

sempre identiche. Nelle città di tutto il mondo le

strade pullulano di giovani che indossano sottili

f ili bianchi collegati a piccoli tappi rotondi inf i-

lati nelle orecchie. Un oggetto che poteva essere

discreto e nascosto ma, in quanto bianco, è

diventato una dichiarazione: chi lo indossa si

trova in un altro mondo, che trascende l’ordina-

rio. Un mondo bianco, dove il colore è suono e

il suono del bianco è il silenzio di Kandinsky,

pieno di opportunità. —

*

“Snow White 11-0602” è una tonalità del marchio Pantone

**

La spiritualità dell’arte, Wassily Kandinsky, 1911.

***

http://www.societyofcontrol.com/whitecube/insidewc.htm

****

Billboard Magazine citata in:

http://en.wikipedia.org/wiki/The_Beatles_(album)

***** Apple Inc. (22 gennaio 2008)

“El blanco ... no es una mera ausencia de color;

es algo brillante y afirmativo, feroz como el rojo,

tan definitivo como el negro ... Dios pinta en

muchos colores; pero nunca pinta tan maravillo-

samente, casi diría tan llamativamente, como

cuando pinta de blanco.” G. K. Chesterton,

1874 –1936.

¿Cómo puedes hablar del blanco si ni tan sólo es

un color de verdad? Si mezclas todas las longi-

tudes de onda de la luz de color del arco iris

conseguirás luz blanca; pero para conseguir el

blanco como color para una superficie tienes

que quitar todo lo demás. Es lo que queda cuan-

do desaparecen todos los demás colores: un

blanco vacío, acromático, sin tono. El blanco es

a la vez todo y nada; es todos los colores y

ninguno; es el sonido y la luz, el calor y el frío,

alegre y triste, bueno y malo; azúcar y leche,

velocidad y cocaína; el color de Dios, vírgenes,

muerte y vida eterna. Como término, está tan

lleno de paradojas ambiguas que incluso hace

sombra a su opuesto, el negro.

El blanco tiene un inmenso poder sobre nos-

otros. Produce un efecto directo sobre el modo

en que percibimos los objetos y los entornos.

“El blanco”, dijo el pintor Wassily Kandinsky,

“actúa como un silencio profundo y absoluto

lleno de posibilidades”**. Imagínese que se va a

la cama en una oscura y fría noche de invierno y

que, por la mañana, abre las cortinas de par en

par y le saluda un mundo transformado por la

nieve. Todas las diferencias cubiertas, todos

los cantos suavizados y redondeados, todos los

sonidos apagados, toda la fealdad y la suciedad

hecha prístina, pura e inmaculada. ¿Qué corazón

no se emociona con la excitación de un chiquillo

ante el espectáculo de magia más impresionante

de la naturaleza? La nieve es algo antiguo y

especial, es el blanco más viejo que conocemos,

y nos sigue pareciendo encantador. Quizás todos

nuestros sentimientos y respuestas ante el blan-

co provienen de nuestra experiencia de la nieve.

Es tanto la pureza como el vacío; se torna pre-

cioso por su delicadeza temporal y frágil.

Cuando el sol brilla, la nieve es cegadora (luz

blanca cegadora), el blanco nos intimida, es

como un Dios porque ni siquiera podemos mirar

hacia él.

Nos gusta pensar en el blanco como nuestro

lienzo sin pintar, nuestro escenario vacío: la

nada pura y neutra. Un piso recién reformado,

blanco y vacío, esperando a que sus nuevos

propietarios lo llenen con su carácter y sus per-

tenencias. Una mesa puesta con platos vacíos

esperando a que los llenen de comida. Las pági-

nas en blanco de un cuaderno que se va a llenar

de palabras y bocetos. Se supone que el blanco

representa el espacio de transición, un espacio

esperando su contenido. El arte del siglo XX,

por ejemplo, es casi sinónimo de los espacios

blancos ideales, uniformemente iluminados, en

los que se presenta. Piense en una típica galería

de arte contemporáneo y, seguramente, le vendrán

a la mente cubos blancos de espacio llenos de

“arte”. Es una imagen fuerte y común, aunque la

fuerza de esta imagen no proviene del arte, pro-

viene del contenedor supuestamente neutro: es el

espacio lo primero que notamos, no el contenido.

El espacio blanco ideal representa, utilizando las

palabras del crítico y artista Brian O’Doherty,

“más que una imagen única ... la imagen arque-

típica del arte del siglo XX”***. Hemos experi-

mentado tantas escenas establecidas en la neu-

tralidad fácil del espacio blanco, que tenemos

la sensación de encontrarnos en él como en casa.

En algún punto de nuestro viaje modernista,

puede que sea como si nos hubiésemos detenido

un momento en las líneas de partida del minima-

lismo, el blanco ha dejado de ser una vacante

temporal y se ha convertido en un medio hacia sí

mismo. Ha traído áreas de calma a nuestra cul-

tura con sobredosis visual. En el diseño gráfico,

el espacio en blanco es un dispositivo vital que

ayuda al lector a centrarse en los gráficos y a

entender el texto. Cuanto mejor sea el equilibrio

entre este espacio blanco negativo y su conte-

nido opuesto, mejor será el impacto de los gráfi-

cos y mayor será la sensación de profundidad

y la calidad de la expresión artística. También

hay un grado de reverencia creado aquí por la

yuxtaposición del objeto con la nada simbólica.

Como la galería blanca que contiene quizá sólo

una o dos obras de arte, incluye una sensación

de enfoque afilado por el diseño, no muy dife-

rente a una simple capilla blanca con un único

objeto de culto o un único árbol en un paisaje

rural cubierto de nieve.

Un uso pionero de la fuerza del espacio blanco

es el “Álbum Blanco” epónimo de los Beatles de

1968, diseñado por el artista Richard Hamilton.

Fue grabado después del regreso del grupo de

un viaje trascendental a la India y como conti-

nuación de la extravagancia barroca de múltiples

estratos de “Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club

Band”. El Álbum Blanco no tenía un título

propiamente dicho ni una portada exterior artís-

tica, aparte de las palabras “The Beatles” en

letras sencillas en la parte frontal y un número

de edición. Esta ausencia de gráficos convencio-

nales, un paquete despojado casi de todo adorno

y color, fue algo absolutamente revolucionario.

Lo que este espacio en blanco prometía era un

contenido tan especial, que requería ser elevado

y distinguido de cualquier otra grabación reali-

zada hasta la fecha. Así, la portada blanca

“vacía” tenía garantizado un estatus de culto.

Sinceramente, si John, Paul, George y Ringo lo

hubiesen llenado con una serie de pronósticos

del tiempo en lugar de canciones pop, lo más

probable es que de todas formas se hubiese con-

vertido en uno de los álbumes más vendidos de

todos los tiempos. Por otro lado, para ser justos,

si no lo hubiese realizado un grupo tan popular

como The Beatles, puede que hubiese resultado

demasiado revolucionario para que el público en

general lo entendiera.

Aparte de ofrecer un lienzo conceptual, el blanco

desempeña otros papeles en nuestra cultura. Todos

sabemos lo que supuestamente simbolizan los

vestidos de novia blancos, y los médicos no sólo

van de blanco porque así se ve mejor la suciedad

(y su ropa interior). El blanco representa pureza y

limpieza. Lo llevamos para mostrar nuestra sofis-

ticación y nuestra civilización, para demostrar

que nos hemos alejado de los verdes y marrones

mugrientos de la naturaleza y que hemos logrado

un nivel de ascetismo intelectual que, aunque no

tengamos intención de practicarlo completamente

en la vida diaria, al menos pensamos en él.

También hemos empezado a elegir el blanco

sólo porque podemos: decorar nuestras casas

con alfombras blancas, muebles blancos y acce-

sorios blancos habría sido algo impensable antes

de que la calefacción central reemplazase a las

chimeneas sucias y de que las aspiradoras susti-

tuyeran a las escobas; antes de que tuviésemos

lavadoras y cuartos de baño dentro de casa con

agua corriente y caliente, superficies que se

pueden limpiar con un paño y medios de trans-

porte cerrados.

El blanco es el color del mundo tecnológico.

Resulta gracioso que también sea el color que en

el siglo XX se predijo que tendría nuestro mundo

tecnológico. No sólo fueron los Beatles quienes

revolucionaron nuestra estética con el blanco.

Stanley Kubrick, con su (tan frecuentemente

citada) película “2001: Odisea del Espacio”

(también de 1968), adoptó las nuevas evolucio-

nes en los materiales de la industria del mueble

para crear un mundo de forma futurista vestido

casi exclusivamente de blanco.

Cuando Dieter Rams and co. revolucionaron la

industria de la tecnología doméstica a finales de

los años 50 y principios de los 60, sus diseños

estaban repletos de blanco. El primer nuevo sis-

tema estéreo de grandes ventas de Rams, el SK4,

diseñado junto con Hans Gugelot, incluso reci-

bió el sobrenombre “El ataúd de Blancanieves”.

Más adelante, en 1984, hubo otra revolución

blanca: el diseñador Hartmut Esslinger cambió

el aspecto de un PC para un fabricante de orde-

nadores llamado Apple. Aligeró y suavizó la

pesada y voluminosa forma del ordenador y le

dio un color blanco crema en lugar del beige.

El PC fue bautizado como “Snow White”

(Blancanieves), vendió 50.000 unidades el pri-

mer día: había nacido otra leyenda del diseño.

En el año 2000 el equipo de diseño de Apple,

liderado por Jonathan Ive, lanzó un iMac blanco

translúcido llamado ... ¿lo adivinan?: “Nieve”.

Un año más tarde le siguió un iBook “Snow”

con un reproductor de audio pequeño, blanco y

muy deseable: el iPod.

Sólo por comparar, mientras que el Álbum

Blanco de los Beatles vendió 19 millones de

copias sólo en los EE.UU.****, Apple vendió

casi 140 millones de iPods en todo el mundo

entre 2001 y 2007*****. Seguramente no hace

falta decir que es la serie de reproductores digi-

tales de audio más vendida de todos los tiempos.

Y aunque no todos los iPods son blancos ni

mucho menos, el icono lo constituye la encarna-

ción en blanco. Por cierto, su nombre, según se

cuenta, proviene de las pequeñas naves (en inglés

pods) EVA pertenecientes a la nave Discovery

One de “2001: Odisea del Espacio”.

El blanco de la “generación-i” no es un blanco

sólido, sino un blanco translúcido; un blanco que

está empezando a conquistar otras superf icies,

desde el exterior de los edificios hasta los auto-

móviles y los interiores. Tiene algo de la calidad

efímera de la nieve; un color que no es un color

y que es todos los colores a la vez, un truco de la

luz que se refleja a través de planos transparen-

tes. Sigue fascinándonos y deslumbrándonos con

su promesa de pureza inmaculada, que nos eleva

por encima y más allá de la mortalidad del color.

No puede ser una coincidencia que el iPod

blanco se haya convertido en el símbolo de

nuestro espíritu contemporáneo. Curiosamente,

aunque la forma y los colores del producto cam-

bien y evolucionen, los auriculares blancos que

lo acompañan no se han modificado. Las calles

de las ciudades de todo el mundo están llenas de

jóvenes que llevan cables blancos unidos a los

pequeños auriculares redondos de sus orejas.

Podrían ser discretos e ir escondidos pero, al ser

blancos, se convierten en una declaración: las

personas que los llevan indican que están en otro

mundo que trasciende lo ordinario. Un mundo

blanco en el que el color es sonido y el sonido

del blanco es el silencio de Kandinsky lleno de

posibilidades. —

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“Snow White 11-0602” es un color de Pantone

De lo Espiritual en el Arte, Wassily Kandinsky, 1911.

http://www.societyofcontrol.com/whitecube/insidewc.htm

Billboard Magazine citada en:

http://en.wikipedia.org/wiki/The_Beatles_(album)

Apple Inc. (22 de enero de 2008)