O

gni prodotto indu- re delle alternative, tra cui quella di realiz-

striale, anche il più

banale e semplice,

può avere caratteri-

stiche di novità, e in

alcuni casi di origi-

nalità, determinati dal luogo, dal metodo

di lavoro e dagli stessi operatori che si oc-

cupano della realizzazione; certamente il

periodo storico in cui viene ideato e le tec-

niche di manifattura influiscono in modo

decisivo sul risultato finale.

In questa nota cerchiamo di ricostruire

la storia di un’idea e di quanto la tenacia,

l’inventiva e lo scambio di informazioni,

abbiano contribuito all’ideazione, e alla re-

alizzazione di un prodotto innovativo, per

molti aspetti originale ancora oggi.

Il contesto storIco

Nel corso degli anni ottanta del secolo

scorso Ponte Giulio maturò un’importan-

te esperienza, nell’ambito dell’industria

dell’ospitalità alberghiera, grazie alle

forniture di bagni prefabbricati. In quel

contesto fu necessario approfondire il

concetto di “handicap” e comprendere le

implicazioni legate al tema delle “barriere

architettoniche”, che spingeranno l’azien-

da, dapprima al reperimento di prodotti

disponibili da parte di fornitori, poi a de-

cidere di risolvere questo tipo di necessita

in modo diverso.

In quegli anni sul mercato esistevano

davvero poche soluzioni adatte a risponde-

re alla normativa per l’abbattimento delle

barriere e i tecnici dell’azienda scelsero

quelli proposti da una nota manifattura te-

desca. Tuttavia la difficolta di reperimento

ed il costo d’acquisto spinsero a considera-

zare qualcosa in proprio ad Orvieto.

Per lo stile fu semplice prendere spunto

dai prodotti tedeschi trattati fino ad allora,

il colore in quegli anni aveva la sua impor-

tanza, ed i toni erano tendenzialmente “pa-

stello” per quasi tutta la scala cromatica.

L’aspetto più complesso era rappresen-

tato dalla tecnologia ed il conseguente pro-

cesso di manifattura che sarebbe stato ne-

cessario implementare. Si inizi

ò cercando

di fissare quindi dei punti fermi per indivi-

duare quali soluzioni adottare a proposito

del sistema di ancoraggio, per la struttura

della maniglia e per il rivestimento esterno.

“Per farci un’idea realizzammo un

prototipo prendendo un pezzo di tubo,

una curva e ricoprendoli con il “pon-

go”

Dalle memorie Di emiDio Carloni.

Per la flangia, che avrebbe dovuto ga-

rantire l’ancoraggio a parete, si decise di

adottare un piattello in acciaio inossidabi-

le dello spessore di 3 millimetri provvisto

di 11 fori.

“Loro usavano una flangia con 9 fori,

noi decidemmo di aggiungerne un

numero maggiore perché questo ci

consentiva di dichiarare che il nostro

prodotto si installava più facilmente

dato che consentiva di poter cambiare

posizione del foro nel caso in cui que-

sto fosse stato fatto su una parte debo-

le del muro”

Così emiDio Carloni riCorDava le ragioni Della

sCelta

.

Nell’immagine di questa pagina il “prototipo”

di una maniglia di sicurezza realizzata

impiegando un tubo “Mannesmann”.

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